Giulia Domna

Definizione

 Aaron Wolfson
da , tradotto da Alfonso Vincenzo Mauro
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Empress Julia Domna Bust (by Carole Raddato, CC BY-SA)
Busto dell'imperatrice Julia Domna
Carole Raddato (CC BY-SA)

Giulia Domna (160 – 217 d.C.) fu un'imperatrice romana durante il regno del marito, l'imperatore Settimio Severo (r. Aprile 193 – Febbraio 211 d.C.). Di origine siriaca, fu inoltre madre degli imperatori Publio Settimio Geta (r. 209 – 211 d.C.) e Lucio Settimio Bassiano detto Caracalla (r. 198 – 217 d.C.; da solo, 211 – 217 d.C.), il quale ella riuscì inizialmente a persuadere ad accettare la reggenza in comune col fratello, secondo il desiderio del morto Severo. Ella fu figura significativa nella politica imperiale, specialmente dopo la morte del marito — tanto che, secondo Cassio Dione (Storie Romane, Ῥωμαικά, LXXIX – LXXX), Caracalla le concesse ampia libertà d'amministrare l'impero in sua vece durante le lunghe campagne militari. Dal 212 al 217 d.C., periodo durante il quale Caracalla fu unico imperatore dopo l'omicidio di Geta, Giulia soleva ricevere petizioni, presiedere ai pubblici ricevimenti, e gestire la corrispondenza ufficiale — e Caracalla soleva includerne il nome, accanto al suo, nelle lettere al Senato romano. La reale estensione del potere di Giulia è comunque oggetto di disputa, massime nel libro 'Maternal Megalomania: Julia Domna and the Imperial Politics of Motherhood' (JHU Press, 2013) in cui la studiosa Julia Langford ne approfondisce il ruolo all'interno dell'ideologia e della propaganda della Dinastia severiana.

Giulia era colta e politicamente astuta; Severo potrebbe aver fatto ricorso al suo acume durante l'ascesa al potere nel cosiddetto anno dei cinque imperatori (193 d.C.) e lungo tutto il suo regno. L'imperatrice soleva consultarsi con artisti, pensatori e studiosi in molti campi, intessendo a corte un influente circolo votato all'avanzamento del sapere. Sovente accompagnò Settimio in guerra, così guadagnandosi l'appellativo di mater castrorum (madre degli accampamenti) dal 195 d.C. — quantunque la Langford asserisca il titolo venisse deliberatamente scelto onde ingraziarsi il favore dell'esercito, e non in conseguenza di esso; successivamente la designazione adottata fu mater Augustorum, mater castrorum, mater senatus et patriae. È opinione di alcuni resoconti Giulia fosse investita di titoli onorifici più d'ogni altra imperatrice romana.

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Origine e primi anni

Giulia nacque ad Emesa (l'attuale Homs, in Siria) nel 160 d.C. Il suo cognomen, Domna (come consuetudinario dalla tarda Repubblica calco femminile di cognomen paterno), è latinizzazione di un termine Arabo antico relativo al colore nero; apparteneva dalla facoltosa monarchia clientelare di Emesa, importante sito religioso e commerciale. I suoi antenati erano stati re di Emesa fino al tardo I secolo d.C.; suo padre fu gran sacerdote del tempio della divinità solare El-Gabal (latinizzato in Eliogabalo), e sua sorella maggiore, Giulia Mesa, sarebbe poi stata nonna lei stessa di due futuri imperatori romani. Uno zio di suo padre, Giulio Agrippa era stato ricco centurione primus pilus di una legione dell'esercito romano; alla morte, costui lasciò gli interi suoi possedimenti a Giulia Domna.

Matrimonio e ascesa a imperatrice

Alla stessa Giulia Domna l'oroscopo aveva predetto avrebbe un giorno sposato un re — oracolo irresistibile per lo scaramantico Settimio.

Verso il 180 d.C., Settimio Severo, generale libico dell'esercito romano, e vedovo, si recò in Siria spinto da un responso oracolare secondo il quale avrebbe là trovato la sua seconda moglie. Incontrò Gaio Giulio Bassiano, padre di Giulia e gran sacerdote del tempio del sole, il quale lo introdusse alla nubile figlia minore. Alla stessa Giulia Domna l'oroscopo aveva predetto avrebbe un giorno sposato un re — oracolo irresistibile per lo scaramantico Settimio. I due si sposarono nel 187 d.C.

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Nel 193 d.C. si presentò l'occasione perché Severo adempisse la profezia. La guardia pretoriana, irritata dalla rigida disciplina da lui istituita, assassinò il nuovo imperatore Pertinace (r. 193 d.C.), e di fatto vendette la porpora imperiale al miglior offerente, il senatore Didio Giuliano (r. 193 d.C.). Il popolo guardò al nuovo regime con ostilità tale che ne giunse voce alle provincie, dove tre generali, Settimio incluso, si dichiararono sfidanti di Giuliano. In possesso di superiore destrezza diplomatica e propagandistica, e, quale governatore della Pannonia Superiore stanziato più vicino a Roma rispetto agli altri, Severo marciò sull'Urbe e venne infine riconosciuto imperatore dal Senato, chiudendo la guerra civile romana iniziata con l'anno dei cinque imperatori.

Ruolo durante il regno di Settimio Severo

Dopo l'ascesa al trono di Severo nel 193 d.C., Giulia poté imporsi quale forza versatile nel consolidamento del potere imperiale della sua famiglia; ma dovette contendersi questa influenza con il prefetto al pretorio di Severo, Plauziano, a un punto dovendo anzi difendersi in una causa per accusa d'adulterio. Sembra tuttavia ella abbia attivamente prevalso nell'intrigo per il potere, poiché Plauziano fu giustiziato nel 202 EC con l'accusa di aver complottato per rovesciare la famiglia imperiale.

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Giulia è inoltre nota per la consuetudine d'accompagnare Settimio nei viaggi imperiali, massime in quelli verso oriente. Ella fu probabilmente con lui quando nel 194 d.C. sconfisse il rivale usurpatore del titolo imperiale Pescennio Nigro; e durante le susseguenti campagne in Partia lanciate nel 197 d.C. contro i poteri clientelari locali che avevano appoggiato l'usurpatore. Secondo lo studioso Ulrich W. Hiesinger, molte iscrizioni pertinenti Giulia in Siria possono essere datate a quest'anno.

Ella beneficiò della sua posizione onde amicarsi i maggiori filosofi e artisti del tempo e promuoverne lavori e idee. Rimarchevole è la testimonianza del sofista e retore Lucio Flavio Filostrato, membro della cerchia di Giulia, il quale, nella sua Vita di Apollonio di Tiana (Τὰ ἐς τὸν Τυανέα Ἀπολλώνιον — filosofo errante neopitagorico del I sec. d.C.), ce la riporta comandargli di apportare alcune correzioni ad altre opere circa Apollonio.

Family of Septimius Severus
Familiari di Settimio Severo
Osama Shukir Muhammed Amin (Copyright)

Morte di Settimio Severo

Giulia era ad Eboracum (l'attuale York, nel Regno unito) con Settimio quando questi morì di malattia nel 211 d.C.; secondo il suo volere, i figli suoi e di Giulia, Caracalla e Geta, gli sarebbero succeduti quali co-imperatori. Questa disposizione non sarebbe durata, e tale fu l'animosità tra i due fratelli, che questi risiedettero ai due estremi dell'Urbe. Vi sono prove documentarie che entrambi complottassero ai danni dell'altro ed entrambi temessero per la propria incolumità; la madre tentò mediare, e quando Caracalla espresse il desiderio di riconciliarsi con Geta, Giulia acconsentì a un incontro presso i suoi appartamenti privati.

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Era con ogni probabilità rischioso Giulia mostrasse cordoglio per la morte del figlio minore perfino in privato, per tema Caracalla facesse assassinare anche lei.

Ma non era che uno stratagemma: all'incontro, i centurioni di Caracalla si precipitarono su Geta e lo pugnalarono a morte. Secondo Cassio Dione (Storie Romane, Ῥωμαικά, LXXVII, ii) Geta morì tra le braccia della madre, ed ella stessa fu tanto coperta del sangue del figlio da non ravvedersi d'esser stata ferita alla mano durante la violenta concitazione. Dopo la morte di Geta, Caracalla, ora unico regnante a Roma, ne istituì immediatamente la damnatio memoriae, proibendone la menzione in resoconti ufficiali e distruggendone le immagini (com'è chiaro nel Tondo Severiano — vedi immagine sopra), e perfino interdicendone lo stesso nome; pratica ubiquitariamente testimoniata dai resoconti romani, quantunque la locuzione in sé sia successiva e d'ambito accademico. A cagione di questa decisione, era con ogni probabilità rischioso Giulia mostrasse cordoglio per la morte del figlio minore perfino in privato, per tema Caracalla facesse assassinare anche lei.

Ruolo durante il regno di Caracalla

Nonostante ciò, Caracalla affidò alla madre cospicua responsabilità nell'amministrazione imperiale mentre era impegnato nel perseguimento dei suoi obiettivi di politica estera e nella brutale repressione dei seguaci di Geta così come di chiunque costituisse minaccia. Giulia svolse questi compiti prevalentemente da Antiochia, una delle principali città siriache vicino la natia Emesa.

Caracalla presto partì per una campagna militare, né mai fece ritorno per il resto dei suoi sei anni di regno da imperatore. Era in Siria, nel 217 d.C., non lontano dalla città natia della madre, quando in un ammutinamento militare fu assassinato. Raggiunta dalla notizia ad Antiochia, Giulia tentò lasciarsi morire di fame — decisione non interamente ascrivibile alla perdita del primogenito, circa il carattere del quale non aveva certo illusioni, quanto piuttosto alla riluttanza di ritornare a vita di cittadina privata dopo tanti anni al potere

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Empress Julia Domna
Imperatrice Julia Domna
Carole Raddato (CC BY-SA)

Il prefetto del pretorio Marco Opellio Macrino, mente dell'assassinio di Caracalla e nuovo imperatore (r. 217 – 218 d.C.), inizialmente encomiò Giulia, inviandole i suoi omaggi e mantenendole cortigiani e coorte di guardie. Secondo Cassio Dione, Giulia prese ad accarezzare la prospettiva d'essere unica sovrana di Roma, e ordì un complotto onde usurpare il potere imperiale sottraendolo a Macrino. Il piano fallì, e, giungendone voce all'imperatore, fu ordinato a Giulia di allontanarsi da Antiochia.

Morte

Di nuovo di fronte allo spettro del ritorno a vita privata e della probabile incertezza della sua incolumità futura, Giulia decise di suicidarsi — e stavolta portò a termine l'intento, lasciandosi morire d'inedia. Le vere circostanze della sua morte restano tuttavia incerte, considerando che Cassio Dione ce la riporta afflitta da tumore al seno in stadio avanzato; ad ogni modo, poco dopo l'assassinio di Caracalla, anche Giulia morì, all'età di 57 anni. I suoi resti furono inizialmente seppelliti nel Mausoleo di Augusto, ma sua sorella Giulia Mesa li fece successivamente traslare, con quelli di Caracalla e Geta, nel Mausoleo di Adriano che già conteneva le ceneri di Settimio Severo.

Giulia Domna fu fatta divinizzare da Eliogabalo, suo pronipote e successore di Macrino; e, secondo lo studioso H.W. Benario, fu effettivamente oggetto di culto nell'impero con vari epiteti locali. Quantunque il suo lascito fu piuttosto aleatorio, non c'è tuttavia dubbio ella fosse, con le parole dell'Hiesinger, “una delle più attive e potenti imperatrici della Storia romana” (40).

Bibliografia

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Info traduttore

Alfonso Vincenzo Mauro
Interprete e traduttore a Vietri sul Mare (SA). Condirettore del festival di cultura 'La Congrega Letteraria', a Vietri sul Mare. Corso di laurea in Storia, Universita' degli Studi di Napoli 'Federico II'.

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Stile APA

Wolfson, A. (2020, settembre 18). Giulia Domna [Julia Domna]. (A. V. Mauro, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/1-12504/giulia-domna/

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Wolfson, Aaron. "Giulia Domna." Tradotto da Alfonso Vincenzo Mauro. World History Encyclopedia. Modificato il settembre 18, 2020. https://www.worldhistory.org/trans/it/1-12504/giulia-domna/.

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Wolfson, Aaron. "Giulia Domna." Tradotto da Alfonso Vincenzo Mauro. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 18 set 2020. Web. 20 apr 2024.